martedì 31 gennaio 2012

LA LANDA SETTENTRIONALE - seconda parte -

Mario Schifano -senza titolo-

“Volete la stanza con o senza televisore?” ci chiese gentilmente il responsabile al nostro arrivo in albergo. Precedendo George dissi velocemente:
“No, grazie, ma siamo in vacanza. Ci piacerebbe rimanere un po’ tranquilli.” Il signore rimase sorpreso della mia intemperanza, ma non avrei sopportato la presenza di quella macchina infernale neanche per un minuto. anche George era sorpreso, ma non battè ciglio e mi accontentò con un segno di approvazione.
La nostra camera non era molto grande, ma il legno la rendeva confortevole. Amavo il legno. In città non se ne vedeva molto era troppo pregiato e costoso per poterlo avere in casa. Il Dominio ci aveva detto che la plastica era un buon sostituto del legno e poi negli ultimi trent’anni erano riusciti anche a produrre la plastica odorosa, così ti sembrava di essere in un bosco, quando invece stavi seduto in mezzo ai computer.
Non avevamo visto nulla delle Lande perché al nostro arrivo era già notte, quindi dopo un bagno caldo ed una cena con panini caldi, ci infilammo dentro il letto e prima di augurarci la buonanotte sentimmo bussare alla porta. George si alzò mal volentieri, ma con il sorriso sulle labbra, che non perdeva mai, chiese:
“Chi è?”
“Qui è il servizio del Nostro Dominio”
“Si, dica pure…”
“Oggi avete dimenticato di prendere il vostro programma, qui comunque vi ho portato una copia.”
“Grazie tante e buonanotte!”
“Buonanotte signor Grey.”
Avevo sentito tutto, così George si risparmiò di ripetere ciò che era successo. Ero abbastanza innervosita, ma per non guastare la serata non dissi nulla, avevo rimandato la ‘mia rivoluzione’ al giorno dopo.
George si avvicinò e mi baciò. Lo guardai dolcemente e gli chiesi gentilmente di spegnere la luce.
La luce del sole ci svegliò abbracciati. Stavolta diedi io un bacio al mio George; ci stirammo in silenzio e quando sbadigliammo contemporaneamente scoppiammo a ridere così forte che qualcuno bussò alle pareti per rimproverarci.
George mi mise una mano sulla bocca, prevedendo che avrei riso più forte, ci rotolammo ancora un po’ fra le lenzuola e appena ci appisolammo nuovamente sentimmo suonare al sveglia che designava l’adunata per la prima spedizione del gruppo.
Non mi lamentai per niente ed ancora una volta stupii George. Credo che pensasse ad un mio subitaneo rasserenamento e questo mi rendeva le cose più facili. Il primo giorno trascorse tranquillamente, me resi conto quanto fosse bello quel pezzo di terra ‘vergine’ era piena di alberi e il profumo del legno, quello vero non aveva nulla a che vedere con la plastica profumata. Le essenze vere mi rimasero così dentro che non potevo dimenticarle, vidi per la prima volta una fragola, ma non potei toccarla o mangiarla perché era vietato, ma ne sentivo il suo profumo intenso.

“George, oggi è stato bellissimo. I fiori, i frutti,, ma soprattutto gli alberi, quanti alberi veri.”
“Claire, era tanto che non ti vedevo così allegra, sono felice di essere venuto con te e di non aver prediletto le vacanze brevi di ogni anno.”
Mi strinse forte e lo sentii vicino, che quasi mi fece male quella pressione, mi accorsi come ero legata alla sua figura, quasi una dipendenza. Nel nostro governo erano vietate le dipendenze tranne ovviamente la teledipendenza.
“Visto che pace senza tele!”
“Claire non vorrai cominciare di nuovo con questa storia del rifiuto del sistema. Senza sistema, ricorda, che siamo perduti o meglio senza sistema non esistiamo.”
“Non volevo rovinare tutto, scusami. Usciamo per una passeggiata nei dintorni?”
“Non possiamo non è previsto dal programma. Ma non sei stanca?”
“Questo sistema è così bello che non possiamo neanche passeggiare!”
“Non gridare, vuoi guai per caso?!”
Mi infilai la giacca ed aprii la porta, sapevo che mi avrebbe seguita, mi amava troppo per non farlo. Correvo così veloce che non mi sentivo più le gambe. George non poteva gridare, altrimenti ci avrebbero fermati, poteva solo correre e non perdermi di vista. Le mie gambe stavano cedendo e proprio in quel momento George mi raggiunse, mi stampò contro una parte, i suoi occhi sprizzavano fuoco.
“Ma sei diventata pazza?”
“Scappare così, vuoi che tutto finisca in un attimo?”
“È bello correre. Ho visto una casetta nel bosco, andiamo a dormire là stanotte?”
“Perché dovremmo?”
“Per rischiare un po’…dimostreremo che non possono sempre controllarci, possiamo riprendere, anzi diventare una nuova specie, senza che nessuno un giorno voglia salvare la pelle di un altro. Senza Cristi, senza Allah e senza Domini.”
George mi diede un bel bacio. Quel bacio mi ricordò che non potevamo procreare, il Dominio si era preso anche quel dovere.
“Andiamo a casa, sono stanca di questo viaggio.”
“…e la tua vita fantastica?”
“….forse un giorno, ma non noi.”
In realtà pensavo che un giorno sarebbero riusciti ad uccidere pure la Landa settentrionale.
FINE

Claudia Cozzucoli

martedì 24 gennaio 2012

La Landa settentrionale

Mario Schifano

La televisione vomitava teschi con cervello sanguinante, la materia usciva grigia e scorreva lungo le pareti di una schiena morata. Il fumo aveva invaso tutta la stanza, sembrava quasi una nebbia, ma la nebbia si può respirare, invece, quel fumo procurava malessere. Sentivo le mie budella attorno alla mia gola, non potevo più resistere, così gridai:
“Spegnilo, ti prego, spegnilo!”
“Perché dovrei? questa televisione è così avvincente, non posso resistere un attimo senza. È il nostro intrattenimento serale, dobbiamo godercelo fino alla fine!”
Anche se mi infilai nel mio letto sentivo ugualmente quelle voci, ma soprattutto sentivo quell’odore insopportabile di morte e sangue, che aveva invaso tutta la casa. Neanche aver chiuso ermeticamente la porta mi consentì di evitare l’entrata in atto delle forze della televisione. Niente poteva fermare la macchina che il Nostro Dominio aveva inventato per noi; neanche Loro erano sicuri di poterlo controllare, in fondo era lei che ci controllava e ci trasmetteva i suoi messaggi.
La mattina in ufficio tutti mi parlavano di come era stato bello il film sulla ricerca umana. Dissi a tutti la mia opinione e fui scambiata per un’eretica così come  Giordano Bruno o Galileo Galilei. Mi aspettavo che da un momento all’altro qualcuno mi presentasse la forca o un rovo scintillante che aspettava soltanto di bruciare carne viva e giovane.
Al solo pensiero ebbi un brivido. Invece quella mattina, nonostante tutto, passò tranquilla; talvolta avevo dei flash che mi ripresentavano le immagini di tutti i film che avevo visto nell’ultima settimana, ma era solo un attimo e per fortuna passava subito.
Alla mensa incontrai una mia vecchia amica. Decidemmo di consumare insieme il rancio.
“Come stai? Ti trovo in forma” le dissi.
“Si, sto proprio bene tra qualche giorno ci daranno il nostro bambino o addirittura due, sono già sei anni che siamo in lista.”
“Sono felice per te: Ma perché li avete richiesti, non sarebbe stato meglio farli crescere nel Pubblico Dominio Infantile?”
“Volevo tenermi occupata, perché il mese prossimo perderò il lavoro, come progettato da tempo, e poi senza far nulla non riesco a stare, così Arthur ed io abbiamo pensato alla soluzione bambini.”
“Noi, invece, partiremo presto per le Lande Settentrionali. È il nostro periodo di vacanza, sono già tre anni che non ci danno una pausa lunga e non stiamo più nella pelle, parliamo solo del mitico giorno ovvero martedì prossimo.”
“Allora tra meno di due giorni partirete”. Appena finì di parlare suonò la sirena, la pausa pranzo era terminata, ci salutammo velocemente:
“Allora, buon viaggio, Claire non dimenticare di salutarmi George.”
“Grazie Louise e tanti auguri, salutami Arthur.”
Ognuno tornò al proprio lavoro abbastanza velocemente. In realtà non pensavo affatto al nostro viaggio, ma da quando ne avevo parlato alla mia amica mi sembrò che potesse veramente aiutarmi ad evadere.
George era già a casa quando tornai. Mi accolse, come sempre, con un bel bacio. La televisione era naturalmente accesa, ma in quell’attimo non mi diede fastidio.
“George, programmiamo il nostro viaggio!” dissi tutta euforica.
“Claire, cosa ti succede sei tutta rossa e poi cosa dobbiamo programmare, è tutto programmato. Dobbiamo soltanto farci trovare puntuali all’aeroporto e poi tutto sarà fatto.”
“E noi? Noi non possiamo decidere niente?”
“Abbiamo già deciso di andare alle Lande Settentrionali, mi sembra abbastanza, non credi?”
“No, non credo.”
Ero abbastanza in collera con George, ma sapevo che la colpa non era la sua, non poteva essere la sua se gli era completamente sparita la fantasia. Avevo deciso di fargliela riacquistare, ma il mio problema era: come? In me c’era come una scintilla che aveva messo in atto una sorta di rivoluzione.
Finalmente il martedì arrivò, mi sentivo come se quel viaggio dovesse cambiare le nostre vite, ma soprattutto speravo che fosse così. Non ero mai andata così lontano, almeno così mi pareva di ricordare e di certo era il viaggio più lungo che il Nostro Dominio ci concedeva. Avevo visto solo poche metropoli vicino la mia e le Lande costituivano un emisfero molto lontano quasi inesplorato e per lo più privo dei più sofisticati meccanismi che il Nostro Dominio ci aveva donato.
Le Lande erano rimaste ‘vergini’ solo per soddisfare noi popolo super - civilizzato e per appagare il nostro istinto selvaggio, in realtà quasi scomparso, in fondo quasi a dimostrare l’inefficienza di quella vita primordiale.
“Volete la stanza con o senza televisore?” ci chiese gentilmente il responsabile al nostro arrivo in albergo... (la fine della storia sarà pubblicata la settimana prossima. Vi aspettiamo)
Claudia Cozzucoli

lunedì 16 gennaio 2012

L'alba dell'angelo ferito

Salvador Dalì - Purgatoio (Il regno dei penitenti)

Ricordo l’alba.....
Fuori dalla finestra il mare mi apparve come una trama di luce tessuta dal vento, velluto a coste grigio piombo impresso su un fotogramma di ghiaccio che esercita con passione 
la sua forza gravitazionale.
Solo, fra quattro mura e mille pensieri, col cuore incartato nella nebbia, mi accingo a compiere il
balzo della belva.
I miei incubi danzano come ombre al suono di luci intermittenti estranei alla festa del creato, mentre sfoglio, senza mai leggerle davvero, le pagine della vita.
Vuoto nel vuoto, discuto coi miei pensieri il senso del mio esistere. 
Sullo sfondo, malcelata, la mia anima si nutre solo del privilegio di essere 
inchiodata dai tuoi occhi.
Dal deserto al nulla il passo è breve, devo solo dimenticare di respirare chiudendo la mia vita 
in un cassetto squallido, dove cerco di conoscerti più profondamente.
Rosario Ciotto

lunedì 9 gennaio 2012

Seduta DON di Barbara Basile

Il primo oggetto di design non mio, ospitato in C8LINE, lo "sento" quasi mi appartenesse poichè l'ho visto nascere e svilupparsi.  E' il frutto dello studio di una giovane collega che stimo per la serietà, la competenza e l'impegno che profonde nella sua attività. E' fondamentale trovare persone con cui risulta facile dialogare perchè istintivamente ricettive e vivaci intellettualmente: Barbara è una di queste e quindi sono lieto di proporre questa seduta dal segno sobrio ed accattivante che "promette" inoltre un'ottima accoglienza per quanti volessero saggiare la sua muta affabilità amplificata dal leggero dondolio organico.   R.C.