mercoledì 27 giugno 2012

Architettando


Fare l’architetto è un mestiere strano. Ogni tanto mi svesto dei consueti panni, tolgo le mie scarpette di nabuk rosso, ripongo sulla sedia la giacca con la manica napoletana e l’immancabile pochette che sporge con disinvoltura dal taschino e in maniche di camicia, coi piedi nudi, contemplo quelli che ormai reputo i simboli più autentici del mio essere “architetto”.
Perché alla fine, la memoria collettiva identifica il monaco sempre per la veste e mai per quello è o per quello che fa. Il problema è che le mie vesti, e mi riferisco all’abbigliamento di cui sopra, ancora mi piacciono sennò avrebbero fatto la fine della mia pergamena di laurea: appesa sulla tazza del cesso di studio. Mi sarebbe tanto piaciuto vestirmi della qualità dei miei progetti, così come dei miei dipinti o delle mie parole. Ricordo ancora quando, con l’entusiasmo del neofita, in un intervento nell’ambito di un’assemblea del mio ordine professionale, ciarlavo di qualità affermando che bisognava prendere coscienza del fatto che “senza un adeguato corrispettivo economico non ci poteva essere qualità, senza sicurezza di un futuro confortante non ci può essere formazione, ricerca, senza un minimo di certezza in ambito territoriale non si potevano spendere energie ulteriori da quelle che quotidianamente permettono la soddisfazione dei bisogni minimi che eufemisticamente definivo come acquisto della merendina.
L’ARCHITETTO: una figura che nelle produzioni mediatiche si veste esclusivamente di fascino, ultimo latore di una onniscienza leonardesca, un semidio che percorre tutti i sentieri della nostra società: sociologia, tecnica, arte, armonia, finanche il volto stesso di una comunità viene plasmato da questa eminente figura ….. ridotto a rango di una specie di pseudo laureato dalle idee strambe da affittare (gratis) per esporlo agli amici, come status symbol, alla stessa stregua di una Louis Vuitton.
Che poi, alla fine, non m’importerebbe neanche tanto delle gratificazioni economiche, surrogate, in genere,  dalla fatidica formula: “vabbè architetto, per il momento …… grazie”.
Insidiato da un bisogno atavico di manifestare la sua arte, l’architetto che vive nel mio cadavere, riesce a mediare anche l’esigenza di bisogni elementari, nutrendosi quasi esclusivamente di sorrisi compiaciuti e pacche sulle spalle, emblemi eloquentissimi del riconoscimento della propria professionalità.
Mi butto così, di tanto in tanto, a capofitto in progetti complicatissimi dal punto di vista normativo che li rendono inappetibili se non contaminanti, anche solo per la corresponsione delle spese, cogliendo e ahimè, anche vincendo, la sfida del “nulla è impossibile”.
Non è per niente facile nemmeno così: il nostro grande popolo di navigatori, santi e poeti, è anche un popolo di architetti, arredatori e designer che vedendo ormai autorizzato in ambito amministrativo quello che altri tecnici avevano bollato come una chimera, armati di immancabili immaginette votive ritagliate dalle patinate bibbie domoeditoriali  acquistate nel dopo messa la domenica mattina, viene in studio a lavoro già finito per concordare le immancabili “varianti”. Riesce così, a farti maledire ulteriormente le tue domeniche passate a verificare il gradiente percettivo lungo i percorsi esterni, l’equilibrio tra pieni e vuoti, la rigorosità della composizione e tutte le altre cazzate che fanno di te un architetto.
Taglio corto, vi faccio vedere un paio di “COSE” che non vedranno mai la luce, se non quella virtuale, a dispetto di due anonime "CASE GIALLINE" definite così da un mio impareggiabile amico e collega. 




Quindi, alla fine, possiamo scaricare.........

 Un caro saluto, Rosario Ciotto architetto

martedì 19 giugno 2012

HATE

ROSCIO - HATE (40x40 olio su tavola, collage e vetro stratificato)
Cavalcare il cavallo di Troia
e fumare poesia
ostentando un sorriso senza dubbi.
 Dentro
e neanche così in fondo,
tutto appare così complicato.
Scrutare, di nascosto,
gli angoli oscuri di un sentimento alla fragola
e provare disgusto di me stesso.
Non c'è nulla da comprendere
oltre il limite della strada che conduce al proprio destino.
Non c'è nulla da sperare
NULLA
E in questo nulla
non c'è parola che possa spiegare.
Rosario Ciotto
 

martedì 12 giugno 2012

Coi piedi in terra e la testa tra le nuvole

ROSCIO - Coi piedi in terra e la testa tra le nuvole (40x40 olio su tavola, collage e rete)
E continuo a sentirmi inadeguato.
Accompagnato dalle note di una nenia impercettibile,
passeggio a piedi nudi sulle tracce dei miei pensieri
cercando di non annegare tra le trame delle mie riflessioni.
Da quando vivere diventò consuetudine
la mia curiosità si ciba solo di particolari insignificanti.
Assorbo immagini con l’ingordigia animale di una regressione auto ispirata.
L’eternità di un attimo accentua lo squallore dell’animo.
Qual era la promessa? quali i desideri?
Non so cosa sono,
non so cosa vorrei essere
ed in ogni caso non saprei come diventarlo.
Chissà se la morte mi coglierà impreparato?
Qual è la misura di una vita?
Mi perdo ….. nel tentativo di stupire me stesso,
coi piedi in terra e la testa fra le nuvole.
Rosario Ciotto

venerdì 1 giugno 2012

Trascendenza dell'arte

L'angelo indifferente 70x110 colori misti su polistirolo (particolare)

 
Osservo i miei dipinti mentre essi osservano me.
E gli sguardi, presupposto di comprensione, mi infondono conoscenze sempre nuove di me stesso; lati oscuri che ignoro. Ho in mente un vortice di idee, passioni, emozioni. Colgo qua e là un senso comune e le rappresento in un “incastro compiuto”. Così è per tutto ciò che produco. Un paziente assemblaggio di concetti che potrebbe portare all’infinito. Quel logos eracliteo in perenne movimento sapientemente simboleggiato dal fuoco, passione che muta pur restando sempre se stessa. Ma quella nascita di Venere ben chiara nella mia mente all’inizio del percorso, assume forme e caratteri nuovi e imprevisti “in fieri” ed ecco che non lo riconosco più come un prolungamento del mio io, ma come un essere autonomo di dubbia paternità. Guardandolo, infatti, mi chiedo da quale recondita parte dei miei meccanismi inconsci ha trovato lo spiraglio di luce per emergere ed imporsi al di là della mia volontà iniziale. L’effetto terapeutico e psicoanalitico si è compiuto e la catarsi lascia sprigionare in me una culla di endorfine necessarie fino alla prossima creazione. Un circolo virtuoso che si innesca in maniera inconsapevolmente cosciente e sul quale, rifletto accorgendomi delle affinità esistenti tra l’opera dell’artista e la mano di un Dio trascendente. Una raffigurazione cosmica ecco cosa fece Dio: una rappresentazione esasperata di incastri logici e perfezionamenti. Noi tutti siamo tasselli del quadro di un altro e lo guardiamo mentre Lui guarda noi. Finché il quadro è plausibile di perfezionamenti la vita continua, poi ….. l’apocalisse.
Un tempo credevo che l’uomo fosse il numeratore di un quoziente che contemplasse al denominatore quanto lo limita e che quest’ultimo tendesse a zero facendo assurgere l’uomo ad INFINITO. Ecco che apocalisse e infinito coincidono e così quando il quadro divino sarà perfetto, avverrà l’apocalisse. Quindi possiamo stare tranquilli ancora per un bel pezzo.
Lungi dal considerare finiti i miei lavori, che implemento fino ad un certo punto per poi abbandonarli per timore di “rivelazione”, vi voglio raccontare solo tecnicamente ed esclusivamente per immagini, il percorso del mio ultimo lavoro pittorico, dal primo bozzetto ad oggi.
Chiaramente anche il concetto si arricchisce e si implementa secondo algoritmi aventi la stessa radice, un pò come un frattale di Mandelbrot che ripete se stesso strutturalmente su scale diverse. Ma questa analisi interpretativa la lascio ad ognuno di voi.
Scriveva Leonardo nel suo Trattato di Pittura:
“Ricordo a te, pittore, che quando col tuo giudizio o per altrui avviso scopri alcuni errori nelle opere tue, che tu li ricorregga, acciocché nel pubblicare tale opera tu non pubblichi insieme con quella la materia tua; e non ti scusare con te medesimo, persuadendoti di restaurare la tua infamia nella succedente tua opera, perché la pittura non muore immediate dopo la sua creazione come fa la musica, ma lungo tempo darà testimonianza dell’ignoranza tua.” 
Rosario Ciotto







L'angelo indifferente: 
primo bozzetto carboncino su carta e secondo  bozzetto china su carta



 L'angelo indifferente: 
prima versione e seconda versione

particolari