Design

PADWAVE

Progettata come seduta confortevole per l‘attesa, Padwave, letteralmente onda morbida, è realizzata con struttura metallica verniciata sulla quale si poggia con vincolo a cerniere elastiche una scocca flessuosa in resina armata con imbottitura in lattice e rivestimento in pregiata alcantara. Il design morbido e la seduta particolarmente rilassante grazie all’elasticità dello schienale rendono l’oggetto adatto a molteplici utilizzi sia stilistici che  contestuali.





CILINDROTTA


OCCHIBLU


             1999. Presentata al concorso internazionale di disegno industriale "La maniglia per il terzo Millennio", Occhiblu, di ispirazione post-modern, come un geroglifico egiziano, propone una linea ambigua  adatta ad essere trattata con materiali  diversi: metallo satinato/legno, metallo satinato/metallo lucido).
            L’utilizzo è riferito principalmente all’abitazione nella quale la memoria storica di un oggetto tradizionale è fortemente sentita. La particolare flessibilità, pone l'oggetto in armonia sia con arredamenti moderni che classici.
Elemento innovativo: un punto luminoso LED alimentato a batteria che  permette di individuare la maniglia anche al buio.





OMNE VIVUM EX OVO



Il tema era quello della rigenerazione e del riposo. Alla ricerca di un microspazio che avesse carattere significante ed univoco e per di più unto dal crisma del “RITO”, ho partecipato ad un concorso di design con un progetto di un “mobile” di nuova concezione in cui la forma assuma solo ruolo di segno mentre la funzione sia frutto di applicazioni che, fino a qualche anno fa, ritenevamo più o meno verosimili, ma che oggi si impongono gettando le basi di una consuetudine futura.
A questo punto l’intuizione si sviluppava con naturalezza a partire dal concetto teorico di rigenerazione, unica alternativa alla sterilità di un riposo passivo, quasi subito, necessario ma non vissuto. Ho pensato ad un riposo, atteso, agognato, pianificato in maniera diversa ogni giorno, adeguato per soddisfare un bisogno mutevole. Non poteva essere solo un oggetto, anche se era importante concretizzare una forma eloquente.
E dalla forma sono partito.
Quale “forma” se non l’uovo può interpretare la rigenerazione? Universalmente riconosciuto come simbolo di resurrezione, il suo guscio rappresenta la tomba dalla quale esce un essere vivente: l’eterno ritorno della vita. Gli antichi romani usavano dire “OMNE VIVUM EX OVO” (tutti i viventi nascono da un uovo).Nasceva così l’idea di approntare una forma significante atta al recupero non solo delle energie, ma attraverso il rito, alla riappropriazione di una gratificazione quasi spirituale. Una forma…ma non soltanto. Anche il contenuto deve essere pensato per soddisfare i sensi, poiché proprio da ciò scaturisce l’appagamento, preludio del riposo. Pensate ad un comune ritorno a casa dopo una, altrettanto comune, “lunga giornata”. Avete programmato per le venti il vostro microclima ideale e la vostra essenza preferita, con discrezione, riempie la forma. Riponete la vostra “uniforme da lavoro”  e il guscio è pronto ad accogliervi. Vi sedete sulla comoda chaise longue, appena il tempo di cogliere dal frigo bar il vostro cocktail, mandare una e-mail per confermare una cena e parte, silenzioso ma efficace, un massaggio rilassante.
La musica vi avvolge assieme a colori rasserenanti.  SIETE VIVI.
Il guscio si compone di una base che assolve alle funzioni di piattaforma strutturale per l’assemblaggio delle costole/cavedio, realizzate in struttura metallica cava e di una pelle in vetro temperato. La piattaforma funge da “finale” degli allestimenti dedicati, con quadro tecnico, per l’allaccio agli impianti domestici (adduzione e scarico acqua, elettrico, telefonico, TV). Le costole/cavedio, un vero sistema di comunicazione per il passaggio degli impianti, sono pensate in alluminio pressofuso cavo e danno l’opportunità a vari rivestimenti. In progetto si è pensato, genericamente, al legno. Un pannello vitreo tra due “paralleli”, funge, ruotando, da ingresso a questo microcosmo. Il guscio è costituito da vetro ad opacizzazione comandata, un vetro stratificato nel quale è collocato un film LC contenente cristalli liquidi che sotto l’influenza di un campo elettrico diventa immediatamente trasparente, mentre normalmente è traslucido. La proprietà di diffusione dei cristalli liquidi consente l’utilizzo come schermo per retroproiezioni.

 Rosario Ciotto






Memoria e Speranza


Fonte di vita, a volte scenario di lacrime e morte. Calda e accogliente nel grembo materno, spaventosa e travolgente nei giorni d’autunno di una bizzarra natura. Acqua hai spazzato innocenti; rifletti un benevolo sole spargendo la vita.
Un ricordo per tutti coloro che hanno assistito all’alluvione del 2 ottobre 2009 e, soprattutto, per chi non può più ricordare.

La scultura, un pilastro in c.a., piegato dalla furia delle acque, genera acqua, metafora degli eventi e delle lacrime versate facendo germogliare le armature contorte in un gesto di speranza. Sul cemento faccia a vista, in acciao, i nomi delle vittime restano a monito.



Mutazioni. Il viaggio dall’idea all’oggetto. Un percorso progettuale.



La metamorfosi incarna l’archetipo di un mondo pulsante di creatività, un rinnovamento interiore indispensabile alla crescita dell’uomo. Facendo scorrere questo concetto attraverso il fiume dell’animismo, trovo che anche gli oggetti e le idee si evolvano.
Tutto partì da uno di quei momenti che io definisco di ozio creativo quando, accantonando le inevitabili abrasioni quotidiane, mi persi, come di rito, in una dimensione semionirica. Così, in uno di quei pomeriggi di “scazzamento” atavico, giocherellavo con uno di quei foglietti di carta vergatina riciclata sui quali amo proiettare le mie contorte elucubrazioni mentali. Il foglietto, al pari delle mie meditazioni, si contorceva tra le dita quasi avesse vita propria e proprio tra le “pieghe di una piega” mi venne in mente che con due tagli ed una plissettatura sarebbe uscita fuori una seduta, semplice ma efficace. 




Nacque “Q”, battezzata così perché in sezione ricordava vagamente quella lettera e perché dei nomi, al pari dei titoli delle mie “opere”, non mi è mai importato molto. L’ho pensata subito in materiale plastico trasparente con due cuscini ad incastro per renderla più confortevole. Come di rito, presi allora il mio onnipresente moleskine e ne tracciai subito i contorni. Da quel momento una serie di sguardi diffidenti la valutarono con circospezione. Essa rimase cianotica per un po’, poi stuzzicata dai miei tratti sempre più energici vagì copiosamente. L’idea mi sembrava originale, erano gli inizi degli anni novanta e le superfici piegate facevano appena capolino nello stato confusionale dell’architettura. Dal taccuino all’elaborato 3d, attraverso il dovuto omaggio ai canoni antropometrici, il passo fu breve, poi … la voracità del cassetto dell’indolenza fagocitò, come sempre, tutto quello che elaboro, trasformandolo nell’ennesima incompiuta. Ultimamente, una necessità progettuale mi impone la realizzazione di una seduta a scomparsa, qualcosa che si potesse piegare e dispiegare alla bisogna. Il concetto di piega mi tornò alla mente e rispolverai il concetto. Gli spigoli rigidi si trasformarono in cerniere e il morbido comfort dei cuscini sostituita da quella di una culla in cuoio.
Nasce così da un’idea vecchia di vent’anni, un altro concetto di seduta che, dopo appena un decennio, finalmente spero di realizzare.




SESTOSENSO



Esprimi il tuo espresso concorso per l’ideazione di tazzine “Esssecaffè” 2007 (sesto classificato)

Voglio presentare oggi uno dei tanti lavori svolti per la partecipazione ai concorsi di design in cui, spesso, mi cimento. Ne sono stato subito attratto, non era il solito pezzo d’arredamento o l’oggetto impossibile, ma una semplice tazzina. Una sfida, quindi, particolarmente interessante, poiché la fantasia e l’originalità doveva viaggiare all’interno di strade già tracciate. Il prodotto finito è stato accompagnato dalla seguente relazione che ne chiarisce, se le immagini non bastassero, le motivazioni e le sensazioni.

Il rito del caffè rappresenta da sempre un momento di pausa, aggregazione, socializzazione, ricarica; momento in cui ogni senso si accende: l’impalpabilità della polvere, l’inebriante aroma sprigionato, la cremosità apprezzabile al primo sguardo, il tintinnio del cucchiaino nel mescolare lo zucchero, il sapore vellutato, morbido e forte allo stesso tempo. Ed ecco che dal totale appagamento dei cinque sensi prende vita e forma il sesto senso, immaginato come un’anima sinuosa che avvolge e, nello stesso tempo si libera, visibile, in questa rappresentazione, soltanto dopo aver assaporato fino all’ultimo sorso. La scelta della donna raffigurata, dai tipici tratti latino - americani, è un omaggio ad una terra vocata alla produzione della pregiata pianta, ma anche alla sensualità che accomuna la bevanda alle figure femminili brasiliane. Il vassoio su cui sono presentate le tazzine, anch’esso ideato per l’occasione, si rifà al logo di ESSSECAFFE’. 


Rosario Ciotto




Tiriuso

     "Tiriuso", progettata per gioco alla fine degli anni '90 assemblando un barattolo di caffè che funge da plafone, un tubo flessibile da doccia ed un portalampade, dimostra, nella sua semplicità di linea e forme, una sorprendente versatilità. Collocata a centro stanza, ove pende annodata in vari modi o portata, con occhielli, sulla porzione da illuminare espleta le proprie funzioni in maniera essenziale grazie alla linea sobria e alla luce ovattata del corpo illuminante satinato.


Rosario Ciotto




TETRAPODE

Il progetto "tetrapode", del 1995, si riferisce prevalentemente ad un cavalletto regolabile in altezza. Azionando sui dadi ciechi, allentandoli o serrandoli, si bloccano o meno le barre trasversali che fungono da frizione, consentendo allo stantuffo centrale di muoversi fino a raggiungere l'altezza desiderata. La struttura autoportante, in legno di faggio con elementi di connessione in acciaio rende l'oggetto adattabile ad usi anche diversi, sia canonicamente, in coppia come "piede" per piani d‟appoggio, sia come totem espositivo autonomo. E' da parecchi anni che lo utilizzo e il tempo gli conferisce giorno dopo giorno il carattere del fedele compagno di viaggio che non tradisce, adattandosi ad ogni avventura.







vetrAVOlo


Qual è lo stimolo che induce un designer a “ristilizzare” un oggetto considerato quasi arcaico e che, in forme e modi diversi, è uscito dalla matita dai progettisti di tutti i tempi?
Sfida, esigenza, masochismo?
In realtà avevo la necessità di un tavolo per la camera adibita a sala di accoglienza dei miei ospiti/clienti nel nuovo studio (di cui un giorno vi farò avere notizie). Una camera dalla forma inusitata, una L sghemba di difficile interpretazione. Legato alla mia prima intuizione progettuale, cosa quanto mai errata, necessito di una scrivania di modeste dimensioni che definisco immediatamente meditando sull’essenza di un tavolo: due sostegni verticali, un piano orizzontale ed, al limite, un traverso che irrigidisca la struttura e mi consenta, tutto al più, di poggiare i piedi.
Due telai rettangolari recuperati da una precedente scrivania e uno chassis in scatolare metallico adeguatamente “riparati” da un piano trasparente potevano fare al caso mio.
Ma come spesso accade nella mente dei progettisti, dopo una faticosa conquista, c’è un’improvvisa illuminazione che squarciando il velo di Maya, mostra nel suo unico senso l’idea che stavamo inseguendo. 
E se magari volessi usare il tavolo per “coprire” una luce più grande legata ad un altro utilizzo?
Intimidito da una precedente esperienza che mi faceva rammentare un piano inesorabilmente imbarcato dall’eccessiva luce, mi metto subito alla ricerca della soluzione per sopperire adeguatamente ad eventuali ripensamenti adoperativi e così, come da consuetudine, resto immobile come il cacciatore alla posta del cinghiale, aspettando di abbattere la virtuale cacciagione. L’idea mi passa davanti chiara, avevo già provveduto a pulire la mia linea di tiro e a evitare di indossare profumi che potessero palesare la mia posizione all’acutissimo olfatto delle selvagge intuizioni, la becco al primo colpo. E così, custodendo gelosamente il mio pingue bottino, mi avvio soddisfatto alla progettazione di  “VetrAVOlo” :un tavolo/scrivania, con struttura in metallo, adatto, mediante l’ausilio di un “monaco” centrale, a sostenere grandi luci di piano senza temere l’imbarcamento.
L’esile superficie vetrata, mostra la struttura valorizzandola e svelandone il meccanismo di tensione. 
 Rosario Ciotto


RICCIO


Perché scrivere queste pagine? A che giova?  Che ne so, in fondo, io stesso? E’ assai stupido chiedere agli uomini di giustificare i loro scritti, le loro azioni. (da “le memorie di un pazzo” di Gustave Flaubert).
Leggevo queste poche righe, poco prima che attirasse la mia attenzione un file abbandonato denominato cripticamente  “RICCIO”.
Il file conteneva, l’elaborato propedeutico alla partecipazione ad un concorso di design che auspicava l’ideazione di una fonte luminosa che traesse ispirazione da un “luogo peculiare”. Chiunque sia mai passato per Messina, capirà perché mi sono rivolto al mare, miniera inesauribile di ispirazione e sogni. Il suo rumore, instancabile metronomo, scandisce il ritmo del mio tempo e una serie di oggetti curiosi fanno ormai parte di una vasta collezione assieme alle altrettanto numerose illusioni spiaggiate. Dal  mare pescavo “riccio”, una fonte luminosa a semiconduttori LED composta da un corpo semisferico in acciaio spazzolato e da numerosi aculei, allungabili ed orientabili come le antenne di un apparecchio radio televisivo, culminanti in punti led luminosi. Una corrente invisibile, detta di volta in volta, a nostro piacimento delle forme da assumere. L’idea mi piacque e si concretizzò nelle immagini che vedete. Altro esercizio di forma, visto che al concorso non partecipai, che non saprei giustificare  se non nell’esigenza di vivere creando. C.V.D.

  
In queste ultime due immagini: riccio con gli aculei ruotati nella prima, visto dal basso, nella seconda, "in particolare". 









1218
1218 con schermi aperti e filtro a fori tondi
1218 con schermi chiusi e filtro a fori tondi

“E luce fu”, credo sia la frase della bibbia che più mi colpì da bambino, quando ancora non possedevo alcuna coscienza di quanto importante potesse diventare la dicotomia luce/tenebra nel mio futuro. Il suono di quelle parole, mi incuteva il senso dell’onnipotenza. La presenza o la mancanza di luce era, per me, l’espressione più alta della tangibilità di ogni cosa, di quanto a noi fosse concesso conoscere sia fisicamente, sia metafisicamente. Questo fluido evanescente, fonte di vita e conoscenza ci dona la certezza di esistere foss’anche solo per l’ombra che proiettiamo quando ne siamo colpiti. E’ proprio quest’aspetto che ho voluto indagare maggiormente, la relazione tra quanto è illuminato direttamente, indirettamente e la porzione di tenebra che ne scaturisce che ci nasconde alcuni significati evidenti ma ci svela la saggezza recondita delle cose eclissate.
“Qualcuno” l’aveva già creata, ma io potevo tentare di plasmarla.
Di questi pensieri e di una sperimentazione per la valorizzazione della luce piuttosto che del corpo illuminante che 1218 risulta figlia. In alluminio o materiale traslucido, “la scatola” assume prettamente funzione di contenitore di funzioni che determinano gradi diversi di diffusione e riflessione della luce. Un semplice contenitore che dispensa una luminosità indiretta e tenue a schermi chiusi, con dimmer a minimo, mentre proietta dei fasci diretti ed intensi a schermi aperti con dimmer alla massima apertura. Filtri e lampade diverse per modificare forme e colori, assieme a schermi e prismi interni mobili che variano caratteristiche riflettenti, rifrangenti e diffondenti dell’apparecchio fanno di questa scatola luminosa una specie di carillon della luce che può essere proposto secondo morfologie puntuali o longitudinali.
Rosario Ciotto

C8LINE Design




Dalla perseveranza di Salvatore Privitera, che considerava uno spreco la reclusione di tante idee, detenute, a suo parere contro il loro volere, in “cartelle impolverate”, nasce C8 LINE Design. Come avrà avuto modo di capire chi segue il blog assiduamente, non sono un buon "veicolatore concreto" dei miei lavori artistici, se poi ci fosse da proporli per guadagnarci qualcosa, il gioco è fatto, l’indolenza si impossessa del mio essere e tutte quelle intuizioni, plasmate in un processo spesso faticoso, sono destinate, bene che vada, a far bella mostra di se stesse autocompiacendosi agli occhi di qualche affezionato e del loro creatore. Parliamoci chiaro, non è che sia quel genere di persona che non difende il suo lavoro e le sue idee o non riesce a portarle avanti dignitosamente, anzi nella mia professione sono piuttosto capace. In questi casi, però è il cliente che si rivolge al professionista richiedendogli una prestazione tecnica e quindi, lusingato dalla fiducia accordatami, mi esprimo con concretezza. Il problema nasce quando io devo propormi o offrire il frutto del mio ingegno. Mi blocco, l’incertezza invade come veleno il mio animo corrompendo ogni volontà ….. mi chiedo: quello che scrivo, dipingo, disegno, ha reale capacità di esistere dignitosamente nel “mondo dell’arte” o è solo il frutto di una specie di artistoide nelle cui cellule scorre una mediocre linea di cromosomi folli? Non saprei rispondere, non ho riscontro REALE tranne la compiacenza affettuosa di un gruppo di amici, di cui anche voi fate parte, e che, in ogni caso mi gratifica in questo strano cammino d’eterna promessa.
Spero che quest’avventura si concretizzi in frutti appaganti, che possano spronare e donare professionalità e prospettive anche al mio giovane socio che in lei sta profondendo tante energie e aspettative. 



Vi presento di seguito le prime pagine di un flipbook promozionale che stiamo preparando e che vi proporrò a gruppi di quattro pagine per volta.
Mi auguro che gradiate, un saluto, 
                                                                                                                               Rosario Ciotto