sabato 3 maggio 2014

La forza della contestazione



3 Maggio 1968, inizia la contestazione studentesca, a cui poi si unisce quella operaia, che chiedeva a gran voce lo svecchiamento della classe politica francese, da 10 anni sotto la guida del Generale Charles De Gaulle, ma soprattutto voleva trasformare la società in un modo che rispecchiasse  desideri e  ambizioni dei giovani. Una società di forte stampo borghese che, chiusa nel proprio bigottismo, stava troppo stretta alle nuove generazioni che urlavano nelle piazze "Vietato vietare"! Quei giovani avevano già assistito alle gesta eroiche di Che Guevara, alla rivoluzione culturale in Cina, alla contestazione giovanile in America, che protestava contro la guerra del Vietnam. Insomma tutto il mondo era in subbuglio. Fu così che circa 400 studenti coraggiosi decidono di occupare il cortile della Sorbonne. La risposta immediata della polizia fu un'incursione per disperdere la folla; il tutto si tradusse in forti scontri. Era soltanto l'inizio. Nei giorni seguenti i 400 diventarono un milione fra operai, studenti e gente che era stanca di una società anni luce lontana dalle loro esigenze. Gli sciperi si moltiplicarono, vennero occupate anche le fabbriche: non si chiedeva soltanto un aumento salariale, ma anche una maggiore autonomia e partecipazione nelle decisioni aziendali. Sindacati e governo cominciarono a trattare, anche se le decisioni prese disattesero le aspettative dei manifestanti. De Gualle, da abile uomo politico, seppe andar via e ritornare al momento giusto indicendo nuove elezioni che lo videro trionfare ancora una volta.
Ciò per cui va ricordata questa fetta di storia è, senz'altro, la forza dirompente e innovatrice che si trova al suo interno e che ebbe un impatto enorme in tutta Europa. A partire da Parigi, infatti, le manifestazioni di studenti e operai dilagarono in tutto il continente (persino in Italia!!!), anche nei paesi a stampo comunista che puzzavano di dittatura, gettando quel ponte verso una sinistra che si distaccò sempre più da Mosca e dalle gerarchie, più moderata, pronta al dialogo. Nel nostro paese questo divorzio dalla Russia si ebbe per volere di Enrico Berlinguer che maturò sempre più un atteggiamento di apertura che si sarebbe poi concretizzato con il compromesso storico, anche se il finale è la tristemente nota fine tragica di Aldo Moro. Il '68 ha cambiato il modo di essere della società, ha dato un ruolo ai giovani, ha fatto sì che anche i più deboli e discriminati avessero una voce. 
Oggi, che la società ha gli stessi problemi (reparti geriatrici al potere, poca aderenza scuola-lavoro, ecc) mi piacerebbe poter rivedere giovani, e non solo, per le strade che lottano per tutti quei diritti che dopo anni di lotta e sangue ci vengono calpestati. 

Giulia Bolle

3 commenti:

  1. Purtroppo il massimo a cui si possa ambire credo sia una app revolution, ma solo se gratis, per il resto....... troppa fatica. Saluti a tutti

    RispondiElimina
  2. Non credo in una rivoluzione, o anche solo in un movimento di protesta, qui in Italia. La gente qui si lamenta e basta, ma poi si adegua. Ancor meno poi in un qualcosa che parta dai giovani, perchè i giovani sono lontani dalla politica. A scuola, nella mia esperienza perlomeno, non se parla; l'età media dei politici è talmente alta che nessuno di loro ha idea di cosa sia veramente il mondo dei giovani. Fanno cose che con i giovani non centrano nulla e per i giovani non servono a niente, i giovani si sentono abbandonati e dalla politica sono piuttosto disgustati. Da un-po'-più-di-giovane (ormai ne ho 31) mi sento abbandonata da questo paese, dalla politica e da chi questi politici-nonni li ha messi al potere. Ma ogni tentativo di prendere posizione rimbalza contro un muro di gomma, allora impegnarsi che senso ha?

    RispondiElimina
  3. Certo, hai ragione, ma i tempi sono diversi. Si sono spenti i fermenti del '68 e tutti, dai padri ai figli non hanno né la forza né la volontà di un'azione corale di ribellione.

    RispondiElimina