lunedì 7 aprile 2014

PSICOESTETICA: la bellezza attraverso la mente

manifesto surrealista di Andrè Breton
illustrazione Renè Magritte 1924
Ciao amici. Da oggi proverò a dare voce a questo blog per un periodo, almeno finchè “il grande assente” non tornerà a stupirci con i suoi lavori che hanno trovato il vostro apprezzamento.
Cercherò di riempire il vuoto attraverso un percorso a cavallo tra storia dell’arte e psicologia.
Grazie a tutti quelli che vorranno ricominciare a seguirci.

Se la psicologia sia una scienza è da sempre un dibattito aperto che vede schierati umanisti e scienziati. Questi, com’è noto, si battono per affermare l’inutilità e l’arbitraria elevazione a ruolo di scienza della disciplina psicologica, adducendo come prima motivazione la sua impossibilità alla formulazione di leggi, ma soltanto probabilità, l’inefficacia terapeutica e l’inconsistenza gnoseologica. Ammesso che ciò sia vero, è, però, innegabile il suo essere un ponte perfettamente modellato tra filosofia ed ermeneutica ed il fascino che esercita, nelle sue varie espressioni e sfaccettature, sugli uomini che vogliono indagare la mente umana. Come agisce, come risponde, come si muove nella realtà che la circonda.

Per quanto i campi di applicazione psicologica costituiscano una vastissima gamma, mi vorrei soffermare su uno degli aspetti più “emozionali”, ovvero il suo ruolo in campo artistico. Gli artisti, particolarmente sensibili alla realtà che li circonda, riescono più di ogni altra “categoria umana” ad entrare nel profondo dell’essenza antropica. Ciò rende particolarmente naturale il rapporto con la psicologia, anche se oggi si parlerà, in modo particolare, di psicoanalisi. 
L’artista con cui voglio dare il via è Renè Magritte, genio indiscusso, innovativo e sagace osservatore di realtà insolitamente rappresentate che decontestualizza oggetti e persone, lasciando lo spettatore ad un primo sguardo sgomento. Analizzando con più attenzione le sue opere e cogliendone il senso profondo che ne ha voluto dare, si capisce bene come l’artista si sia lasciato profondamente influenzare dalle sue esperienze e dalle neonate teorie freudiane.

Renè Magritte - "Le viol", 1934, Menil collection Houston
 Nel quadro “Le viol” ,che è anche il manifesto del surrealismo, l'artista trasforma il volto  di una donna nel suo corpo nudo (ricorrente spesso nelle sue opere), oggetto di  desiderio per antonomasia. Un corpo che diventa un involucro anonimo, privo di  individualità, di espressione  e di sentimento. Al di là del titolo che lascia immediatamente pensare alla violenza carnale subita da una donna, l’artista fa riferimento anche a come lo sguardo di un uomo superficiale e “selvaggio” veda una donna esclusivamente nella sua funzione di “corpo”, negandole la sua essenza più vera, quella dell’anima e del sentimento. Appaiono chiare l’impronta onirico - psicoanalitica: spostamento e condensazione creano un’inquietante immagine surrealista della donna violentata, ma non necessariamente in senso fisico. Questa centralità del nudo in Magritte, richiama una teoria di stampo freudiano, secondo cui la sessualità rappresenta, insieme alla nascita e alla morte, una delle esperienze più significative e di maggiore impatto per la costruzione della personalità e causa prima dei suoi maggiori disturbi mentali. Seppur ultracentenario, questo modo di pensare si mostra in tutta la sua attualità, basti pensare a tutte le deviazioni sessuali che fanno da teatro alla quotidianità.



Renè Magritte - "Doppio segreto", 1927, museo nazionale d'arte moderna, Centro Georges Pompidou
Non meno carico di senso psicoanalitico è “Il doppio segreto”, questa figura dallo sguardo freddo e inumano la cui lacerazione mostra una spaccatura profonda che ci lascia vedere una realtà ruvida e nodosa molto diversa dal volto liscio, privo di espressione. Una realtà, quindi, ben diversa dall’apparenza. Quell’apparenza che, oggi più che mai, seduce e incanta al primo sguardo, che ci rende superficiali a tal punto da non riuscire a capire che dentro ogni uomo c’è un’effettività opposta che viene nascosta più o meno coscientemente e che gli impedisce di muoversi con com-passione verso gli altri. Quei nodi interni all’uomo possono rappresentare le problematiche interiori, ma anche un riferimento all’infanzia (tema frequente nei suoi quadri) per via della somiglianza che hanno ai sonaglini. Quell’infanzia che la psicoanalisi considera una tappa fondamentale per la strutturazione di una personalità stabile, con un io forte che sappia equilibrare le opposte richieste di es e super-io.
Il “doppio”, tema ricorrente nell’autore, qui si spacca invece a metà per mostrare realtà fragili di un uomo che, non dimentichiamolo, sta provando a risorgere dalle ceneri del primo conflitto mondiale (l’anno di questo quadro è il 1927), un uomo svuotato della propria dignità, della propria essenza e disumanizzato per la brama dei potenti. Magritte vive entrambi i conflitti mondiali che, evidentemente, suscitano in lui riflessioni e immagini, come possiamo vedere ne "La grande guerra" (1967). Sullo sfondo di un cielo piatto e grigio un uomo nascosto da una mela verde che cela proprio la parte più “viva” e personale di un volto: lo sguardo. Uno sguardo spazzato via dalle trincee che hanno annullato la personalità a tal punto da cancellarne metaforicamente il viso.


Il “doppio”, tema caro a Magritte, ma anche a Freud nella sua teoria meno conosciuta, ma molto interessante del perturbante. Nel suo saggio, tra le altre spiegazioni, osserva che il sosia, e in generale il doppio, è un motivo perturbante perché, il duplice è qualcosa che sovrasta l'io portando angoscia. In tal senso si può anche pensare allo sdoppiamento di personalità in gravi situazioni mentali.

Una situazione limite abilmente dipinta in “Riproduzione vietata”, quando un uomo, guardandosi allo specchio, piuttosto che vedere il suo viso, scorge una realtà prospettica insolita 

Renè Magritte - "La riproduzione vietata", 1937, museo Boymans di Rotterdam
Ciò che siamo abituati a vedere, si mostra all’improvviso diverso. Era sufficiente scavare un po’ più a fondo, andare oltre la superficialità e l’apparenza, come vuole la psicoanalisi(?).
Giulia Bolle

5 commenti:

  1. Splendida questa analisi di Magritte, nella quale siamo tutti coinvolti. Temi inquietanti, ma cari alla nostra psiche, al nostro bisogno di sapere, di chiarire, di conoscere.
    Sono quadri angoscianti proprio perché rappresentano il nostro io più nascosto, quel mondo di cui abbiamo, oggi più che mai, paura.

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  2. Caro Rosario, bentornato!
    Così ci farai vedere sempre cose molto interessanti.
    Buona serata caro amico.
    Tomaso

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  3. Ho letto con grande interesse il tuo post,ed ho ammirato moltissimo i dipinti dell'eccelso Magritte.
    Un grande saluto,Costantino

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  4. E' un argomento complesso che ha l'esigenza di essere trattato con la mente e con le viscere. Non si può concepire altrimenti. Cara Giulia, il tuo approccio è quello dell'indagatore sensibile, quello di chi non teme di sporcarsi con temi così difficili. Ci sei riuscita egregiamente.
    Confido nella tua competenza e nella tua sensibilità per mantenere in vita una creatura e delle eccellenti amicizie che sto trascurando mio malgrado.
    Spero di tornare presto a postare i miei lavori......nell'attesa: un grosso abbraccio a te e a tutti gli amici di C8LINE, Rosario Ciotto

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