Qual è lo stimolo che induce un designer a “ristilizzare” un oggetto considerato quasi arcaico e che, in forme e modi diversi, è uscito dalla matita dai progettisti di tutti i tempi?
Sfida, esigenza, masochismo?
In realtà avevo la necessità di un tavolo per la camera adibita a sala di accoglienza dei miei ospiti/clienti nel nuovo studio (di cui un giorno vi farò avere notizie). Una camera dalla forma inusitata, una L sghemba di difficile interpretazione. Legato alla mia prima intuizione progettuale, cosa quanto mai errata, necessito di una scrivania di modeste dimensioni che definisco immediatamente meditando sull’essenza di un tavolo: due sostegni verticali, un piano orizzontale ed, al limite, un traverso che irrigidisca la struttura e mi consenta, tutto al più, di poggiare i piedi.
Due telai rettangolari recuperati da una precedente scrivania e uno chassis in scatolare metallico adeguatamente “riparati” da un piano trasparente potevano fare al caso mio.
Ma come spesso accade nella mente dei progettisti, dopo una faticosa conquista, c’è un’improvvisa illuminazione che squarciando il velo di Maya, mostra nel suo unico senso l’idea che stavamo inseguendo.
E se magari volessi usare il tavolo per “coprire” una luce più grande legata ad un altro utilizzo?
Intimidito da una precedente esperienza che mi faceva rammentare un piano inesorabilmente imbarcato dall’eccessiva luce, mi metto subito alla ricerca della soluzione per sopperire adeguatamente ad eventuali ripensamenti adoperativi e così, come da consuetudine, resto immobile come il cacciatore alla posta del cinghiale, aspettando di abbattere la virtuale cacciagione. L’idea mi passa davanti chiara, avevo già provveduto a pulire la mia linea di tiro e a evitare di indossare profumi che potessero palesare la mia posizione all’acutissimo olfatto delle selvagge intuizioni, la becco al primo colpo. E così, custodendo gelosamente il mio pingue bottino, mi avvio soddisfatto alla progettazione di “VetrAVOlo” :un tavolo/scrivania, con struttura in metallo, adatto, mediante l’ausilio di un “monaco” centrale, a sostenere grandi luci di piano senza temere l’imbarcamento.
L’esile superficie vetrata, mostra la struttura valorizzandola e svelandone il meccanismo di tensione.
Rosario Ciotto
Ciao,ho notato la tua iscrizione al mio blog solo adesso. Ultimamente il sistema blogspot fa un po' di casini.
RispondiEliminaBellissimo designer, adoro i tavoli in cristallo e questo è molto bello.
Francesca
Ma che meraviglia è questo tavolo? Ma poi la descrizione che ne fai tu della sua nascita è proprio affascinante.
RispondiEliminail racconto della nascita di vetravolo ci distoglie per un momento dal "gustare" la bellezza e l'originalità di questo tuo interessante progetto.
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