Ho sempre ritenuto valide le teorie che mettono in relazione pensieri, azioni ed ambiente, una sorta di empatia uomo/spazio condizionante a tal punto che non riesco quasi a pensare se non circondato da quella che, in un vecchio scritto, definii “una collezione di promesse disattese e mancate occasioni”. Il luogo mi ispira, le prospettive stimolano i pensieri, la luce li bagna di vita. Cosicché la morfologia dell’habitat modifica gli angoli d’incidenza e di riflessione dei pensieri che, filtrati dal substrato delle eterne incompiute a corredo, ritornano arricchite alla sorgente.
Questi i presupposti che m’inducono a progettare i miei luoghi.
E secondo queste premesse mi accinsi, nell’ormai lontano 2005, a progettare quello che, fra solo qualche giorno, non sarà più il microcosmo catalizzatore di tante idee.
La solita catastrofe mal messa mi attendeva nel momento in cui il mio amico collega mi confidò che voleva investire nell’acquisto di un locale da adibire a studio. La mia resistenza al cambiamento fu vinta solo dopo molteplici macerazioni, allontanarmi dalla mia parete arancione mi turbava non poco. Così cominciò quest’altra avventura che mi portava a confrontarmi con un volume rigidissimo a due piani, di cui uno interrato.
L’unico barlume di vita, una volta ultimato il rilievo, proveniva da un fuori squadra dettato da quello che ai tempi avrà costituito un notevole cruccio per il progettista, un andamento viario non ortogonale. Colsi l’occasione al volo e dopo una lunga cura, degna dei migliori casi di maggior accanimento terapeutico, riuscii a mettere in piedi il moribondo.
Collegai organicamente il piano interrato al piano terreno innalzando di circa ottanta centimetri il livello di una porzione del solaio e definendo, di fatto, quello che per sei anni è stato il mio guscio, grembo di mille divagazioni. Il resto lo dettò la rotazione, di cui sopra, che ispirò l’intera composizione. Ricordo ancora la faccia dei colleghi all’idea di un controsoffitto nero inclinato, a quella della cesura orizzontale in vetro per la ridefinizione delle proporzioni ed alla realizzazione di una pagina bianca ruotata che non abbiamo mai avuto il coraggio di scrivere assieme compiutamente. Ed ora….. cambio pagina. Arrivederci alla prossima puntata.
Rosario Ciotto
Concordo, i luoghi sono fondamentali per il nostro benessere, sia che si tratti di luoghi in cui spendiamo la nostra vita lavorativa, che quella privata. Le foto mostrano angoli interessanti, confortevoli, belli. A volte basta davvero poco per creare un habitat congeniale al nostro essere. Auguri per la prossima puntata :)
RispondiEliminaRosy
TI RINGRAZIO, IL TUO BLOG MI SEMBRA MOLTO INTERESSANTE.
RispondiEliminaHo iniziato a sentirti anima affine a partire da "L’unico barlume di vita, una volta ultimato il rilievo, proveniva da un fuori squadra "...
RispondiEliminaCiao e complimenti per il tuo blog.
Ricambio con piacere la tua visita al mio fiumiciattolo, e mi perdo in questo tuo diario decisamente affascinante. Quello che scrivi sui luoghi come guscio mi affascina, perchè anch'io sono convinto che esistano spazi o luoghi dove la nostra creatività si esprime o viene a galla più facilmente. Questo delle foto è molto bello, e capisco il tormento (e l'estasi?) con il quale lo hai sviluppato. Complimenti, davvero!
RispondiEliminati leggo e guardo le immagini e mi piace la tua voglia di fare, di creare, di vivere il tuo quotidiano...perchè tu sei questo! aspetto la prossima puntata.
RispondiEliminaGli spazi articolati, i fuori squadra, gli ambienti troppo piccoli,o storti..eccetera, sono quelli che stimolano un progettista attento e capace, e molte volte lo spingono ad adottare soluzioni originali ed esteticamente gradevoli.Complimenti!
RispondiEliminaA proposito di foto se hai tempo e voglia, dai un' occhiata a:
http://buioeleintenzioni.blogspot.com/2011/04/grass-and-rust-edizione-25-aprile.html